Ricostruzioni di macchine del passato

Un calcolatore non può essere esibito come una scatola immobile. Bisogna poterlo veder girare. È, in particolare, l'unico modo possibile per apprezzare la parte software di un calcolatore. Altrimenti si osservano solo reperti senz'anima.

Mantenere in condizioni d'uso un calcolatore d'epoca è costoso e, anche, rischioso per l'integrità del reperto. Costruire repliche fedeli è una strada più sicura, percorsa da molti illustri progetti esteri, ma ugualmente impegnativa, specialmente per i prezzi dei componenti hardware d'epoca.

Una terza via, che coniuga la storia dell'informatica con l'uso dell'informatica moderna, è la realizzazione di simulatori software delle macchine. I costi sono ancora alti, ma i simulatori hanno il grande vantaggio di poter essere facilmente distribuiti e quindi sono fruibili a un pubblico molto più ampio.

Qualunque sia la strada percorsa, riportare un vita un calcolatore d'epoca è spesso una sfida. L'informatica corre veloce, prima di diventare antichi, i calcolatori diventano vecchi e le notizie, la documentazione, la pratica d'uso si dimenticano e si perdono. Ricostruire questo insieme di informazioni a distanza di tempo richiede grande lavoro e spesso si scontra con lacune irreparabili. Sono i casi in cui si devono applicare all'informatica i metodi dell'archeologia sperimentale. Sulla base dei frammenti di informazioni recuperate si formulano delle ipotesi; le ipotesi sono sperimentate e i risultati sono valutati incrociandoli con altre informazioni note e, quando possibile, con i ricordi dei testimoni.

Parlare di archeologia e di testimoni sembra un controsenso. È in effetti uno degli aspetti più curiosi e affascinanti della storia dell'informatica. I tempi sono così brevi che ancora si possano coinvolgere i testimoni dei fatti, ma le informazioni da ricostruire sono troppo complesse per le capacità della memoria umana. A distanza di cinquant'anni non si può chiedere a un progettista di ricordarsi lo schema di un circuito o le istruzioni di un programma. Di fatto, non si può neanche a distanza di pochi giorni: sono informazioni che per loro natura si fissano su progetti, diagrammi, disegni, relazioni. Quando i documenti sono perduti la domanda non può essere "com'era?", ma semmai "così avrebbe funzionato, al tempo sarebbe stata anche la vostra conclusione?".

Con queste motivazioni e questi metodi HMR ha affrontato la ricostruzione delle prime macchine del progetto CEP, sia come simulatori software sia, per alcuni componenti, come repliche hardware.

Parte delle ricostruzioni sono state realizzate con il contributo di:


Simulatore della Macchina Ridotta del '57

Il primo calcolatore elettronico costruito in Italia rivive in un simulatore che ne riproduce fedelmente ogni comportamento. La Macchina Ridotta fu completata nell'autunno del 1957 e per buona parte del 1958 fu utilizzata per il calcolo a servizio di altri progetti di ricerca. Rispetto al primo progetto del 1956, la MR57 introduceva molte modifiche. Le più evidenti riguardano la più ricca dotazione di periferiche di ingresso/uscita e la riprogettazione del quadro di controllo, entrambe basate su sostanziali differenze nell'architettura interna della macchina.

A dispetto del fatto che questa fu la Macchina Ridotta realizzata, la documentazione che ci è giunta è purtroppo assai lacunosa. A oggi, la definizione delle specifiche della macchina e delle sue periferiche, necessaria per realizzare il simulatore, è la sfida più appassionante (e impegnativa) in cui è coinvolto il progetto HMR. La ricerca procede e il simulatore della MR57 e già stato protagonista di seminari, interventi e pubblicazioni scientifiche.

Il simulatore è usato nei laboratori didattici proposti da HMR al Museo degli Strumenti per il Calcolo, in particolare HMR-L02 e HMR-L04.

Replica dell'addizionatore a 6 bit del '56

Nella relazione sulle attività del CSCE fino a luglio 56, sono descritti i primi importanti risultati intermedi del progetto CEP, in gran parte esperimenti e realizzazioni di componenti mirati a dimostrare la fattibilità dell'impresa. Fra questi, il più rilevante era un addizionatore a 6 bit "provato con risultati pienamente soddisfacenti". L'addizionatore fu anche il banco di prova per "i criteri generali di montaggio e la progettazione meccanica dettagliata di uno chassis standard".

In collaborazione con la Fondazione Museo del Computer di Novara e, per le realizzazioni meccaniche, con la sede di Pisa dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è stata realizzata una replica dell'addizionatore a 6 bit. La replica, in base alla documentazione che ci è giunta, è fedele per quanto riguarda la parte dell'addizionatore vero e proprio. Del contorno, necessario per utilizzare l'addizionatore e mostrarlo funzionante, non abbiamo documentazione: è un'ipotesi di ricostruzione basata sulle soluzioni che furono adottate per il quadro di controllo della Macchina Ridotta.

La replica è utilizzata nei laboratori didattici proposti da HMR al Museo degli Strumenti per il Calcolo, in particolare HMR-L01.

Replica didattica dell'addizionatore della MR

Nell'addizionatore della Macchina Ridotta, la somma di ogni bit veniva realizzata da due circuiti, uno per la somma e uno per il calcolo del riporto. Nella replica dell'addizionatore a 6 bit questa architettura è direttamente apprezzabile nelle due file di cestelli che ospitano i circuiti. A livello logico, quest'impostazione modulare è stata riprodotta in una serie di moduli più maneggevoli, facilmente componibili e dedicati alla sperimentazione a scopo didattico.

In collaborazione con la Fondazione Museo del Computer di Novara, i moduli dell'addizionatore sono stati realizzati con componenti moderni, di facile reperibilità, costi contenuti e adeguati margini di sicurezza per le tensioni di lavoro. I disegni per la realizzazione dei moduli saranno resi pubblici dando la possibilità alle scuole di indirizzo tecnico e agli appassionati di costruirsi il proprio addizionatore.

Simulatore della Macchina Ridotta del '56

Il primo progetto della Macchina Ridotta risale al luglio del 1956. Questo progetto, corredato di una ricca collezione di disegni logici, elettronici e meccanici, è l'unico che, dopo un lungo lavoro di recupero, riordino e comprensione dei numerosi documenti, abbiamo in forma praticamente completa. Per la disponibilità di informazioni la MR56 è stata la prima ricostruzione su cui il progetto HMR si è cimentato. A parte la sfida da appassionati di tecnologie (hacker è il termine appropriato), la ricostruzione è utile per rispondere a un'interessante domanda: il progetto redatto nel '56, se realizzato, avrebbe funzionato?

La risposta, positiva, è il risultato dei primi anni di lavoro di HMR, svolto grazie soprattutto al contributo, volontario, di Diego Ceccarelli e Claudio Imbrenda, studenti del corso di Storia dell'Informatica, ma soprattutto informatici appassionati. Il simulatore della MR56 e il suo software di sistema restaurato sono già stati protagonisiti di seminari, interventi e pubblicazioni scientifiche e divulgative.

Il simulatore è usato nei laboratori didattici proposti da HMR al Museo degli Strumenti per il Calcolo, in particolare HMR-L03.